28 luglio 2008

COSI’ SI METTE L’UNIVERSITA’ IN GINOCCHIO

Il D.L. 112/2008 (manovra finanziaria anticipata del Governo), mina seriamente il diritto allo studio. Alessandro Venanzi, Coordinatore provinciale dei giovani del PD e Consigliere comunale di Udine e Andrea Simone Lerussi, Vicecoordinatore e rappresentante degli studenti in Senato Accademico, entrambi universitari, intervengono nel dibattito esprimendo seria preoccupazione sui provvedimenti adottati dal Governo in tema di università e ricerca.La prima denuncia riguarda la possibilità per gli atenei di trasformarsi in fondazioni private, manifestando l’intenzione di “rendere l’istruzione un privilegio riservato ai pochi che potranno permetterselo, visto che il principale introito finanziario sarà dato dalle tasse versate dagli studenti”. Nel momento in cui lo Stato decide di disimpegnarsi dal finanziare l’università, non si può pensare che gli atenei riescano a coprire le spese fisse di gestione con il mero intervento di soggetti privati (ad esempio aziende o fondazioni bancarie). “In Italia purtroppo non c’è la mentalità e la cultura dei privati a finanziare servizi (che dovrebbero essere pubblici) come accade invece negli Usa e in altri Paesi europei più virtuosi”.
Pochi giorni prima della presentazione della finanziaria, il Ministro Gelmini promise in Parlamento che avrebbe aumentato le risorse a disposizione per l’università e le avrebbe distribuite in base al merito; invece, non solo queste risorse non verranno aumentate, ma saranno al contrario drasticamente ridotte (per l’ateneo udinese l’impatto è di 15 milioni di euro) e continuano ad essere distribuite in base a criteri storici e non meritocratici (“una smentita su tutti i fronti..”).A questo inoltre si aggiunge il blocco delle assunzioni, di docenti e personale, al 20 % delle cessazioni dell’anno precedente. Numeri alla mano, su 57 cessazioni lavorative (pensionamenti e trasferimenti etc) l’università sarà vincolata a coprire questi costi assumendo solo 13 persone. ”Come si può garantire la didattica e la ricerca con una decimazione dei professori e del personale?”
Inoltre pensare che la fusione tra gli atenei di Udine e Trieste possa ridurre i costi di gestione risolvendo il problema, vuol dire non conoscere la realtà normativa e l’efficienza dell’ateneo udinese. “Anche la proposta di unificare i due Erdisu, di Udine e Trieste, non risulta, dal punto di vista studentesco, un’agevolazione per gli utenti, perché l’erogazione dei servizi è migliore se il rapporto con i fruitori degli stessi è diretto e territoriale!”

Venanzi e Lerussi, infine, chiedono ai parlamentari friulani di opporsi e di intervenire fermamente su questa parte del decreto, invitando a trattare la riforma universitaria in maniera sistematica, con una visione chiara per il futuro e non attraverso un decreto legge frettoloso non concordato con le parti in causa.Non si può credere veramente di cambiare il sistema universitario mettendo “un cappio al collo” a tutti gli atenei senza distinguere quelli più efficienti. Rimane la speranza che la Regione intervenga seriamente, a livello economico, per ridurre la drastica situazione di sottofinanziamento del nostro ateneo.
L’Università di Udine, voluta dai friulani non certo per vanità, ma per una reale utilità ed esigenza, rischia la crisi a causa della mancanza di interesse da parte del Governo su queste tematiche diverse da “intercettazioni, immunità e giustizia”.

Alessandro Venanzi
Andrea Simone Lerussi