23 febbraio 2008

Università: le nostre idee

PREMESSA

L’Università degli Studi di Udine nel 2008 compie 30 anni. Ed è da 30 anni che il Friuli ha il privilegio di ospitare il tempio della conoscenza sul proprio territorio. Questo privilegio però non va sprecato proprio ora che l’Università di Udine sta tagliando importanti traguardi sia a livello nazionale che internazionale. Da molto tempo l’Ateneo Udinese è sotto finanziato rispetto alle reali necessità, un problema derivante dalla scarsa attenzione che il legislatore nazionale ha sempre avuto nei riguardi della scuola, dell’università e della ricerca, privilegiando spesso scelte più popolari che strutturali. Questa mancanza a livello nazionale però non deve essere una scusa per il declino, ma deve essere invece il segnale d’allarme per fare in modo che i livelli più vicini al territorio si attivino. È necessario che a fronte di una mancanza di fondi a livello nazionale, ci sia un maggior impegno a livello regionale, provinciale e comunale perché l’Università di Udine è un patrimonio molto grande per la nostra Regione che non va disperso o messo da parte. La cultura deve venire prima di molte cose, perché solo la cultura genera poi una buona amministrazione.

FUNZIONE SOCIALE DELL’UNIVERSITA'

Da studente universitario mi sono chiesto quale sia la funzione dell’Università di oggi all’interno della società, ma non ho trovato una risposta univoca come dovrebbe essere. L’Università ha perso negli ultimi anni molto del prestigio che aveva. Un tempo andare all’Università era un privilegio di pochi, oggi sembra un obbligo per tutti. Onestamente credo servirebbe trovare una via di mezzo. È importante che tutti abbiano la possibilità di frequentare l’Università, poiché la studio è un diritto indiscutibile. È altrettanto importante però che non si “volgarizzi” l’Università per permettere a tutti di entrarvi, l’Università deve puntare alla qualità dell’insegnamento non all’obbiettivo di far ottenere al maggior numero di studenti la laurea nel minor tempo possibile. Lo stesso criterio che misura la quantità di fondi da destinare ad ogni Facoltà in base agli studenti laureati entro il termine “normale” del ciclo di studio può rivelarsi così uno strumento inefficacie, perché rischia di diventare un pretesto per le strutture universitarie a rendere semplicemente più veloce e facile il percorso di studi senza preoccuparsi della qualità. Oggi purtroppo la maggior parte dei corsi sembra focalizzare la propria attenzione sul superamento rapido ed indolore degli esami, sacrificando la didattica.

L’Università dovrebbe avere la funzione di raccordare il mondo della studio a quello del lavoro, preparando i ragazzi ad affrontare nuove sfide e nuovi obbiettivi, rendendo concreto tutto ciò che di teorico è stato loro insegnato per anni. Invece questo non succede, l’Università rimane molto astratta e assolutamente indipendente dal mondo del lavoro, tranne rare eccezioni di alcune Facoltà, come ad esempio medicina e chirurgia. In questo senso, proprio quest’anno, è stato firmato un protocollo d’intesa tra l’Università e il Ministero del Lavoro per aderire al progetto FixO, volto a promuovere l’occupabilità e l’occupazione dei giovani laureati sviluppando e dando continuità di ruolo alle università nel sistema delle politiche attive e, nel contempo, consolidando un sistema di servizi utili alle imprese, ai laureati e alle stesse Università.

Per migliorare l’attuale sistema è indispensabile una profonda riforma che parta dall’orientamento. Molti studenti si trovano in corsi di laurea che dopo il primo anno abbandonano oppure frequentano i corsi di massa dove di solito finiscono gli indecisi (come ad esempio Economia o Giurisprudenza). L’orientamento ha un ruolo davvero fondamentale nella costruzione di una nuova Università più “utile” alla società.
Un altro punto su cui intervenire sono, come detto sopra, i programmi, troppo legati a modelli ormai vecchi e svincolati alle reali esigenze del mondo del lavoro ed a volte della cultura. In questo campo i professori, che sono i principali responsabili, devono trovare il coraggio di innovare e rinnovare annualmente i propri programmi, i libri di testo e l’approccio con gli studenti. In quest’ottica si deve cogliere la recente riforma delle lauree triennali e magistrali, evitando che l’unico cambiamento sia formale nella durata, spezzata o continua, e non sostanziale sui corsi e sui programmi.

Infine l’Università supportata dagli enti territoriali deve aumentare i rapporti con il mondo del lavoro attraverso convenzioni durature in modo da organizzare tirocini e stage che favoriscano il dialogo con le imprese e gli studenti ed offrire agli stessi rappresentanti del mondo del lavoro la possibilità di tenere alcune lezioni all’interno dell’Università.

Moltissimi di questi cambiamenti richiedono l’impiego di maggiori risorse finanziarie e per questo saranno cambiamenti che con ogni probabilità avverranno più lentamente, ma altri non richiedono nessuna risorsa economica, necessitano solo della volontà personale degli studenti, dei professori e degli amministratori universitari e locali; non si propone una ricetta troppo costosa, ma solo impegnativa.

DIRITTO ALLO STUDIO

Un altro importante tema da trattare è quello del diritto allo studio che ho già citato nella parte precedente. Tutti hanno il diritto di frequentare l’università, di avere per lo meno la possibilità di misurarsi con questa nuova dimensione di studio. Purtroppo, come tutti sanno, gli studi universitari sono costosi, per la presenza delle tasse universitarie, per i costi elevati dei libri di testo e spesso anche per i costi che le famiglie sono costrette a sostenere per mantenere i propri figli fuori sede. La scelta della facoltà più vicina non è sempre l’unica via per il “risparmio”, infatti non si vede perché ragazzi con notevoli capacità culturali e preparazione debbano per forza limitarsi all’università sotto casa perché le università didatticamente migliori sono troppo lontane e quindi troppo costose per le famiglie. Le istituzioni nazionali e locali dovrebbero trovare valide soluzioni per questi problemi. Bisogna trovare soluzioni per quanto riguarda i criteri richiesti per il conseguimento della borsa di studio, ad oggi 3 studenti su 10 idonei al conseguimento della borsa di studio non la ricevono per mancanza di fondi. È necessario stimolare le iniziative dei privati in questa direzione e creare nuove vie per dare agli studenti bisognosi e meritevoli ciò che gli spetta di diritto come prevede la nostra Costituzione all’articolo 34. Inoltre un’idea che si può copiare dal sistema americano è quello dei prestiti d’onore, cioè prevedere un accordo tra Fondazioni Bancarie ed Università in modo che agli studenti siano concessi in prestito i soldi necessari agli studi e poi restituiti progressivamente nel momento dell’ingresso nel mondo del lavoro.

Un altro annoso problema degli studenti universitari, in particolare di quelli “fuori sede” è l’alloggio, l’Italia è uno dei paesi in Europa che offre il minor numero di posti letto e ciò da linfa al mercato illegale degli affitti, anche qui la creazione di poli universitari sempre più grandi dovrebbero essere la regola contrariamente a quanto avviene invece nella realtà e cioè la frammentazione territoriale e numerica dei corsi di laurea. L’Università di Udine sotto questo aspetto sembra aver capito la rilevanza del problema ed oltre ad aver istituito presso l’Erdisu un servizio per la gestione degli affitti per gli studenti, si appresta anche a costruire presso la sede dei Rizzi una nuova casa dello studente, valorizzando così quell’area di Udine che sembra un po’ abbandonata a se stessa non appena chiude l’Università.

Andrea Simone Lerussi
Rappresentante degli Studenti in Senato Accademico
Università degli Studi di Udine

1 commento:

vincenzo ha detto...

salve ragazzi..ma non esiste un centro per i GD a udine..