22 novembre 2008

Primarie GD: i risultati


Ecco i risultati ufficiali delle primarie dei Giovani Democratici svoltesi ieri anche in Provincia di Udine:

Elezione del segretario nazionale:


Dario Marini voti 38

Salvatore Bruno voti 49

Fausto Raciti voti 227

Giulia Innocenzi voti 145

Elezione dell'assemblea nazionale (in rosso gli eletti):

Daniele Bezzo voti 117

Alessandro Dijust voti 42

Gabriele Giavedoni voti 33

Federico Pittoni voti 77

Simone Pontoni voti 116

Eros Sappa voti 68

Luca Scrignaro voti 14

Lorenzo Venier voti 24

Chiara Vissa voti 221

Elezione dell'Assemblea regionale (in rosso gli eletti):

Rudi Buset voti 55

Tiziano Di Ronco voti 12

Marco Gargari voti 103

Andrea Gos voti 93

Michele Moletta voti 21

Giovanni Tomai voti 27

Miguel Velasco voti 140

Alessandro Venanzi voti 120

Erika Clocchiatti voti 88

Fosca Pozzar Collinassi voti 41

Elisa De Sabbata voti 47

Eleonora Meloni voti 169

Fiammetta Montanari voti 69

Sonia Serafini voti 90

20 novembre 2008

Primarie GD: i candidati

Scaduto il termine per la presentazione delle candidature all'assemblea nazionale (scheda rosa) e all'assemblea regionale (scheda blu) pubblichiamo i nomi dei candidati che hanno raggiunto il necessario numero di firme:

Elezione dell'Assemblea regionale

Alessandro Venanzi
Erika Clocchiatti
Marco Gargari
Miguel Velasco
Sonia Serafini
Elisa De Sabbata
Giovanni Tomai
Eleonora Meloni
Andrea Gos
Fiammetta Montanari
Fosca Pozzar Colinassi
Michele Moletta
Tiziano Di Ronco
Rudi Buset

Elezione dell'Assemblea nazionale

Chiara Vissa
Daniele Bezzo
Simone Pontoni
Eros Sappa
Gabriele Giavedoni
Federico Pittoni
Alessandro Dijust
Lorenzo Venier
Luca Scrignaro

Primarie dei GD del 21 novembre: seggi elettorali

Il 21 novembre 2008 si terranno in tutta Italia le primarie dei giovani democratici per eleggere il segretario nazionale l'assemblea nazionale e le assemblee regionali costituenti dei Giovani Democratici. Tutti i ragazzi tra i 14 e i 29 anni potranno partecipare al voto, anche in provincia di Udine, recandosi a votare (muniti di documento d'identità e di un euro come contributo simbolico) in uno di questi seggi:

CIVIDALE DEL FRIULI: Piazza Duomo (gazebo) dalle 9.00 alle 22.00

REMANZACCO: via Roma (di fronte all’informagiovani) 9.00-20.00

CODROIPO: Piazza Garibaldi e scuole (gazebo) 8.00-22.00

MAIANO: Via Milano 4 (Sede PD) 9.00-22.00

TOLMEZZO: Via Betania 2 (Sede PD) 9.00-22.00

S.GIORGIO DI NOGARO: Sede PD via A.Nogara (10.00-22.00)

BASSA FRUILANA: 8.00-11.00: sede del PD Aquileia (gazebo)
11:30/15:30: sede del PD di Cervignano (gazebo)
16:00/19:00: sede del PD Fiumicello (gazebo)
19:30/23:00 sala civica di Aiello (gazebo)

UDINE: Piazzetta Belloni (gazebo) (8.00-22.00)
Via planis angolo via caccia (8.00-13.30)
Sede II Circoscrizione, Via Martignacco 146 (14.00-22.00)

TRICESIMO: Sede PD, via Roma 112 (9.00-22.00)

19 agosto 2008

Regolamento per il radicamento dei Giovani Democratici della provincia di Udine

Art. 1 (Principi ispiratori)

I Giovani Democratici della Provincia di Udine (da ora in poi: Giovani Democratici) sono un soggetto politico che si organizza sul territorio in modo federale attraverso la costituzione di strutture provinciali, sovra comunali e comunali.

Art. 2 (Principi organizzativi)

I Giovani Democratici articolano e determinano la propria attività e le proprie procedure decisionali in base al metodo democratico e secondo il principio dell’uguaglianza di tutti gli aderenti indipendentemente dalle precedenti appartenenze.

Art. 3 (Rapporti interni al Partito Democratico)

I Giovani Democratici sono presenti ad ogni livello di organizzazione del partito e, nell’ambito della propria autonomia, contribuiscono all’elaborazione e alla decisione degli indirizzi programmatici e strategici del partito.
I rapporti con il Partito Democratico si basano sul rispetto delle disposizioni degli Statuti nazionale e regionale del Partito stesso.

Art. 4 (Aderenti)

I Giovani Democratici sono costituiti da tutti gli aderenti al Partito Democratico che hanno un età anagrafica compresa tra i 16 anni e i 29 anni e da tutti i giovani, di pari età, che aderiscono al movimento stesso. A tale disposizione non è ammessa deroga.
Coloro che aderiscono ai Giovani Democratici saranno iscritti in un apposito Albo che sarà redatto a livello provinciale.
Gli studenti fuori sede e i lavoratori fuori sede, nonché coloro che svolgano la propria attività amministrativa e politica in luogo diverso da quello di residenza, sono ammessi a partecipare all’attività politica del movimento, rispettivamente, nella loro sede universitaria o di lavoro o nel luogo ove svolgono la propria attività politico-amministrativa.

Art. 5 (Circoli Territoriali)

I Giovani Democratici si organizzano sul territorio attraverso la formazione di Circoli territoriali come da Allegato A.
Per la costituzione dei Circoli vengono indette assemblee territoriali con tutti i giovani che intendono partecipare al progetto del movimento giovanile nel territorio su cui insiste il Circolo.
L’assemblea del circolo, regolarmente riunitasi, individua al suo interno un coordinatore secondo le regole stabilite dall’apposito regolamento redatto ed approvato dall’Assemblea provinciale.
Il Circolo Territoriale è l’organismo di coordinamento e promozione che, assieme al Coordinatore, ha il mandato politico e programmatico del movimento giovanile.
Il Coordinatore ha il compito di indire ed organizzare l’assemblea e coordinarne i lavori, nonché ricevere ed organizzare gli ordini del giorno.

Art. 6 (Assemblea Provinciale)

L’Assemblea Provinciale è un organismo di coordinamento e promozione dell’attività politica ed assieme al Coordinatore detiene il mandato politico e programmatico e rappresenta i giovani democratici.
Le decisioni dell'Assemblea non devono essere in contrasto con le linee programmatiche del partito Nazionale, Regionale e Provinciale.
L'Assemblea Provinciale è l'organo di controllo e verifica dell'operato degli organi esecutivi.

Art. 7 (Composizione dell’Assemblea Provinciale)

L’assemblea provinciale è composta da 41 membri e deve tendenzialmente rispettare la parità di genere.
Dell’Assemblea provinciale fa parte di diritto il Coordinatore dei Giovani Democratici.
Hanno diritto di voto attivo e passivo per la costituzione dell’Assemblea i giovani fra i 16 e i 29 anni che siedono all’interno dei direttivi di circolo del Partito Democratico (da ora in poi: elettori).
Ogni circoscrizione elettorale provinciale ha diritto ad un rappresentante nell’Assemblea provinciale, individuato fra gli elettori di quel collegio secondo le modalità da essi autonomamente decise.
Vengono inoltre attribuiti ulteriori 10 seggi ai 10 collegi con il più alto rapporto percentuale fra under 29 votanti alle primarie del Partito Democratico del 14 ottobre 2007 e il numero complessivo di votanti alle stesse in quel collegio.
I collegi che esprimono due seggi all’interno dell’Assemblea sono tenuti a rispettare obbligatoriamente la parità di genere.

Art. 8 ( Presidente dell’Assemblea provinciale)

All’interno dell’assemblea viene eletto un Presidente il quale ha il compito di indire le riunioni, di coordinarne i lavori ed inoltre di ricevere ed organizzare gli ordini del giorno.
L’Assemblea Provinciale deve essere convocata almeno quattro volte all’anno e la seduta è valida con la presenza di almeno il 40% dei componenti.

Art. 9 (Commissione di garanzia)

La commissione di garanzia è composta dal Presidente dell'Assemblea Provinciale, da 1 membro eletto dall'esecutivo e da un membro eletto in seno all'Assemblea.
La Commissione di Garanzia è l'organo di tutela dei diritti dei singoli iscritti, di arbitrato nei conflitti di competenze tra organi, di tutela dell'applicazione a tutti i livelli di decisioni prese dagli organi provinciali e di interpretazione ed applicazione del presente regolamento.
La Commissione analizza questioni di propria iniziativa o su richiesta di singoli aderenti o organi provinciali o di circoli.
Le delibere sono prese all'unanimità sentite le parti in causa.

Art. 10 (Il coordinatore)

Il Coordinatore rappresenta politicamente i Giovani Democratici ed è responsabile dell'attuazione della linea politico programmatica decisa dall'Assemblea Provinciale. Egli non può operare in contrasto con la linea programmatica decisa dall'Assemblea Provinciale.
Il Coordinatore nomina un esecutivo provinciale e un vice-coordinatore che lo sostituisce nei casi di impedimento o impossibilità.
L’Esecutivo Provinciale può essere formato da un massimo di 11 membri.

Art. 11 (Forum tematici)

I forum tematici, aperti anche a quanti non aderiscono ai Giovani Democratici rappresentano una forma privilegiata di coinvolgimento e di approfondimento di tematiche politiche e sociali.
I forum tematici possono essere istituiti dall’Assemblea Provinciale, dall’esecutivo Provinciale e dei circoli Territoriali
I Forum tematici promuovono iniziative e campagne ed elaborano documenti da portare all’approvazione degli organismi dei Giovani Democratici.
I Forum tematici non esprimono autonomamente la linea politica dei Giovani Democratici.
Il Coordinatore nomina un delegato dell'esecutivo in ogni Forum.

Art.12 (Modifiche del regolamento)

Il presente regolamento può essere modificato dall'Assemblea Provinciale a maggioranza qualificata di 2/3 dei componenti.

Disposizioni Finali e Transitorie

I - La costituzione dei Circoli territoriali e la nomina dei rispettivi coordinatori dovrà essere completata entro il 30 settembre 2008.
II - La fase di gestione e preparazione propedeutica alla costituzione dei Circoli sarà gestite dall’esecutivo provinciale dei Giovani Democratici che lo delega al responsabile organizzativo.
III – Il Coordinatore e l'Esecutivo attualmente in carica rimangono nelle loro funzioni fino a nuove disposizioni nazionali.
III- Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla sua approvazione.

28 luglio 2008

COSI’ SI METTE L’UNIVERSITA’ IN GINOCCHIO

Il D.L. 112/2008 (manovra finanziaria anticipata del Governo), mina seriamente il diritto allo studio. Alessandro Venanzi, Coordinatore provinciale dei giovani del PD e Consigliere comunale di Udine e Andrea Simone Lerussi, Vicecoordinatore e rappresentante degli studenti in Senato Accademico, entrambi universitari, intervengono nel dibattito esprimendo seria preoccupazione sui provvedimenti adottati dal Governo in tema di università e ricerca.La prima denuncia riguarda la possibilità per gli atenei di trasformarsi in fondazioni private, manifestando l’intenzione di “rendere l’istruzione un privilegio riservato ai pochi che potranno permetterselo, visto che il principale introito finanziario sarà dato dalle tasse versate dagli studenti”. Nel momento in cui lo Stato decide di disimpegnarsi dal finanziare l’università, non si può pensare che gli atenei riescano a coprire le spese fisse di gestione con il mero intervento di soggetti privati (ad esempio aziende o fondazioni bancarie). “In Italia purtroppo non c’è la mentalità e la cultura dei privati a finanziare servizi (che dovrebbero essere pubblici) come accade invece negli Usa e in altri Paesi europei più virtuosi”.
Pochi giorni prima della presentazione della finanziaria, il Ministro Gelmini promise in Parlamento che avrebbe aumentato le risorse a disposizione per l’università e le avrebbe distribuite in base al merito; invece, non solo queste risorse non verranno aumentate, ma saranno al contrario drasticamente ridotte (per l’ateneo udinese l’impatto è di 15 milioni di euro) e continuano ad essere distribuite in base a criteri storici e non meritocratici (“una smentita su tutti i fronti..”).A questo inoltre si aggiunge il blocco delle assunzioni, di docenti e personale, al 20 % delle cessazioni dell’anno precedente. Numeri alla mano, su 57 cessazioni lavorative (pensionamenti e trasferimenti etc) l’università sarà vincolata a coprire questi costi assumendo solo 13 persone. ”Come si può garantire la didattica e la ricerca con una decimazione dei professori e del personale?”
Inoltre pensare che la fusione tra gli atenei di Udine e Trieste possa ridurre i costi di gestione risolvendo il problema, vuol dire non conoscere la realtà normativa e l’efficienza dell’ateneo udinese. “Anche la proposta di unificare i due Erdisu, di Udine e Trieste, non risulta, dal punto di vista studentesco, un’agevolazione per gli utenti, perché l’erogazione dei servizi è migliore se il rapporto con i fruitori degli stessi è diretto e territoriale!”

Venanzi e Lerussi, infine, chiedono ai parlamentari friulani di opporsi e di intervenire fermamente su questa parte del decreto, invitando a trattare la riforma universitaria in maniera sistematica, con una visione chiara per il futuro e non attraverso un decreto legge frettoloso non concordato con le parti in causa.Non si può credere veramente di cambiare il sistema universitario mettendo “un cappio al collo” a tutti gli atenei senza distinguere quelli più efficienti. Rimane la speranza che la Regione intervenga seriamente, a livello economico, per ridurre la drastica situazione di sottofinanziamento del nostro ateneo.
L’Università di Udine, voluta dai friulani non certo per vanità, ma per una reale utilità ed esigenza, rischia la crisi a causa della mancanza di interesse da parte del Governo su queste tematiche diverse da “intercettazioni, immunità e giustizia”.

Alessandro Venanzi
Andrea Simone Lerussi

17 giugno 2008

Incontro con i parlamentari

Si è svolto ieri in via Gorghi, sede provinciale del PD, l’incontro organizzato dai Giovani Democratici della provincia di Udine, a cui erano presenti come relatori il Senatore Carlo Pegorer e l’Onorevole Ivano Strizzolo. E’ stata un’ora e mezza di piacevole dibattito con la partecipazione attiva del pubblico, formato da circa sessanta persone. Ha aperto i lavori il Coordinatore provinciale dei Giovani, Alessandro Venanzi, che ha rimarcato “l’autonomia politica del movimento giovanile e che i giovani devono essere visti come un valore aggiunto al partito stesso”; inoltre ha specificato che “non devono esserci interferenze da parte dei cosiddetti “Senior” , con i giovani per le scelte personali, perché questo disincentiverebbe il singolo e rovinerebbe il movimento stesso”. Conclude dicendo che sarebbe importante mettere in piedi dei percorsi di formazione politica indirizzati a creare una nuova classe dirigente degna di questo nome.
Il Senatore Pegorer fa una panoramica sulla situazione politica italiana, concentrandosi poi sul Partito affermando che “è importante che il PD non punti alla mera rappresentanza di una parte del paese, ma ad una più ampia rappresentazione”. Aggiunge anche che “ L’Italia ha bisogno di politiche riformiste forti su ampi campi, soprattutto in favore dei giovani che hanno sensibilità e stimoli che fanno bene al nostro Paese”. L’Onorevole Strizzolo parla della situazione tra i banchi di Montecitorio e afferma che “ci vuole un’opposizione dura contro questo governo, ci siamo stufati di cercare un punto di incontro unilateralmente, infatti con l’IdV siamo decisi ad andargli contro con forza”. Il Deputato parla poi dell’importanza della formazione di una nuova classe dirigente che deve partire proprio dai giovani. Conclude dicendo che “il PD è un partito che deve guardare all’Europa e i giovani possono dare il maggior contributo su questo. I due “Onorevoli relatori”, infine, si sono resi disponibili per altri incontri con i Giovani del Partito in quanto sono momenti, allo stesso tempo, di confronto e formazione.

20 marzo 2008

Donne e politica

Il tema della partecipazione delle donne in politica è ormai diventato un leitmotiv nel dibattito italiano dell’ultimo decennio, soprattutto perché la politica è fino ad oggi rimasta una pratica quasi esclusivamente maschile.
L’art. 51 Cost. è stato modificato nel 2003, con l’aggiunta di un paragrafo in cui si afferma che “la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra uomo e donna” anche in campo politico, sembrando così garantire una base formale per l’introduzione di norme che assicurassero una maggior presenza femminile nelle istituzioni.
In realtà, i dati statistici non sono per nulla confortanti, se si pensa che nella legislatura appena terminata tra Camera e Senato le donne rappresentavano il 15,4% degli eletti. In Europa siamo il fanalino di coda, migliori solo rispetto alla Grecia, mentre uno studio svolto per le Nazioni Unite ci ha collocati all’ottantanovesimo posto a livello mondiale.
Tutto ciò, nel XXI secolo, è una forma di discriminazione, soprattutto se si considera che a parità di condizioni, di intelligenza ed esperienza, i partiti molto spesso scelgono di candidare un uomo e non una donna. A questo punto bisogna chiedersi perché ciò avviene.
Ci possono essere due ordini di motivi, uno materiale ed uno culturale.
Innanzi tutto, è evidente che ancora oggi la difficoltà principale per una donna è riuscire a conciliare vita familiare e vita “professionale”. E questo vale sia per le donne che vogliono entrare in politica sia per quelle che scelgono di trovare una valorizzazione a livello lavorativo. Solo per fare un esempio, la cura della casa, dei figli, degli anziani si pensa debba ricadere, e per la maggior parte effettivamente ricade, sempre e solo in capo alle donne, togliendo loro tempo per dedicarsi ad altro. Ed una donna senza tempo non può essere competitiva, sia sul lavoro sia in politica. Una effettiva rappresentanza politica paritaria passa anche da una effettiva parità nel mondo del lavoro, parità che è ben lungi dall’essere realizzata e che dovrebbe essere incentivata tramite misure concrete che promuovano la partecipazione delle donne alla vita sociale e politica, garantendo una diversa distribuzione dei tempi di lavoro e familiari, con un’incentivazione, ad esempio, dei congedi di paternità, oggi sempre meno richiesti, oppure mediante la costituzione di asili nido nei luoghi di lavoro.
Secondo me, poi, c’è anche un fattore culturale da considerare, ed è strettamente intrecciato a quanto appena detto: dobbiamo arrivare a considerare normale che la sera sia la ragazza ad uscire per andare ad una riunione e non solo il ragazzo, dobbiamo arrivare a non accettare che ad un colloquio di lavoro ci venga chiesto “lei non avrà mica intenzione di restare incinta, vero?”..
Quello che voglio dire, in definitiva, è che spessissimo si attribuisce la scarsa presenza di donne ai livelli più alti della politico e dell’impresa ai loro impegni familiari, alla necessità che si occupino di casa e figli, ma molto raramente questa richiesta è accompagnata dall’affermazione che è diritto delle donne e dovere degli uomini dividere al 50% le cure familiari. E proprio questo intendo dire quando mi riferisco a cambiamento culturale, un cambiamento che permetta alle donne di prendere parte in condizioni di pari opportunità alla realtà politica, culturale e sociale del paese. Si tratta non di rivendicare diritti negati, come negli anni ’70, ma di sensibilizzare l’opinione pubblica a modificare una cultura politica che ancora oggi vede l’uomo come il legittimo protagonista della gestione dello Stato.
Detto questo, il punto di partenza è essere assolutamente convinti che la presenza delle donne è utile, è un valore, in quanto il nostro contributo porta ad un pluralismo di idee, esprime un diverso punto di vista per risolvere determinate problematiche.
Tutto ciò, secondo me, non si realizza nelle cd. quote rosa di cui tanto si parla da anni ormai; infatti, a me viene il dubbio che il 50% metta d’accordo le coscienze, a destra e a sinistra, che lasci intendere che non ci sono conflitti giuridici, economici e sociali tra donne ed uomini. La vera questione è che le quote prevedono, certo, l’inserimento delle donne nelle liste dei partiti, ma se non c’è poi l’appoggio dei colleghi maschi, allora si rimane in lista, tutti sono soddisfatti, ma le donne non vengono elette. Serve, quindi, che anche i partiti ci incentivino, ci sostengano e trasformino quello che sembra un mero adeguamento di genere in una visione diversa della politica e della società.
Io sono convinta che sia più importante la meritocrazia rispetto alla “corsia preferenziale” delle quote rosa, che sia importante dimostrare di valere e di non essere arrivate fin lì solo per una norma di legge.
Certo, la strada è lunga e difficile, e quindi è giusto prendere in considerazione un periodo transitorio di applicazione di tale normativa, normativa che obblighi da un alto il mondo delle decisioni e del potere a far sì che un certo numero di donne partecipino e dall’altro che obblighi le donne a “buttarsi”.
Per questi motivi sono contenta che il Pd sia nato con le quote rosa, giusto modo per iniziare in modo paritario questa avventura. Mi auguro che però sia una fase breve e transitoria, dominata soprattutto dalla reale volontà di promuovere innovazione e partecipazione e non di riproporre antiche consuetudini.
Per questo è importante il momento di formazione delle liste: in questo momento l’alternanza (donna uomo, uomo donna) è il metodo più sicuro per il raggiungimento di un traguardo atteso per cui tutte le forze politiche dovrebbero impegnarsi. Per quanto riguarda il Pd, dobbiamo, come donne, esercitare il massimo impegno. D’altra parte, Walter Veltroni è stato il primo sindaco di una grande città a volere una Giunta segnata da una straordinaria presenza femminile. E la Costituente, le commissioni, le direzioni del nuovo partito sono frutto di una scelta che ha investito molto sul principio della parità. La sfida della costituzione delle liste elettorali è più difficile, ma dobbiamo lavorare per quel riequilibrio della rappresentanza a cui mi riferivo e per un’apertura vera a talenti e esperienze di donne e, soprattutto, di giovani donne.
Un ultimo aspetto a cui in questo momento è importante fare un breve riferimento riguarda la tanto nominata, in quest’ultimo periodo, legge 194/78. Questo è un argomento che riguarda da vicino le donne, ed in cui la politica, o almeno certa parte dell’attuale panorama politico e non solo, sembra intenzionato ad entrare.
Ciò che è impressionante in questa offensiva è che in tutti quei raduni, in tutti gli appelli che vengono fatti i protagonisti assoluti sono gli uomini. A parte qualche sporadica eccezione, è infatti soprattutto maschile la folla che vuole decidere su qualcosa che riguarda solo il corpo della donna, il suo cuore, il suo futuro, il suo legame col figlio. Ma nonostante ciò, in tutto questo sterile vociare manca una voce, non quella dei politici o dei teologi o dei medici, manca quella degli eventuali padri. Le donne alla fine, sono sempre sole, ogni responsabilità di vita è troppo spesso lasciata solo a noi. Non basta, quindi, offrire denaro una tantum, (come se avere o non avere un figlio fosse solo una questione di soldi!), ma è necessario investire in una politica di solidarietà e rispetto delle scelte, di tutte le scelte.
La legge 194 è stata mantenuta nel nostro ordinamento con il voto di due terzi del paese: oggi viene rispolverata per ragioni esclusivamente politiche e per niente etiche. È importante che su questo argomento il Pd non lasci sole le donne, ma che assuma una posizione chiara a difesa di una legge di cui qualsiasi donna credente e meno può non servirsi, senza impedire però alle altre di farlo.
In conclusione, ciò che il Pd deve fare, in materia di parità di genere, è far sì non che donne ed uomini siano uguali ma che abbiano le medesime possibilità, in tutti i campi.

Elisa De Sabbata
Assemblea Costituente Regionale PD

10 marzo 2008

Veltroni a Udine!

Ore 17.00
Teatro nuovo Giovanni da Udine
Walter Veltroni incontra gli elettori
Noi ci saremo!

07 marzo 2008

Ambiente e stili di vita

Il tema principale che ha caratterizzato il passaggio dal ventesimo al ventunesimo secolo e che continua a caratterizzare i nostri giorni è senza dubbio la questione ambientale. Se non bastassero gli allarmi continuamente lanciati da numerosi scienziati, ci pensano fatti clamorosi sia in positivo, come il Nobel per la pace ad Al Gore, che in negativo come la tragedia delle immondizie napoletane a ricordarci che è arrivato il momento di ripensare il nostro atteggiamento verso il pianeta. Spesso e volentieri secondo me si ha però un approccio sbagliato al problema, un approccio puramente allarmistico che circoscrive le discussioni sull’ambiente a poche urla isolate che impediscono una discussione serena e foriera di soluzioni convincenti e praticabili.

Il punto centrale da approfondire è come tutelare l’ambiente in una maniera che non solo sia vantaggiosa per la popolazione a lungo termine ma che proponga immediatamente vantaggi tali da rendere appetibile una svolta radicale nella cultura ambientale dei cittadini. Non può infatti esistere una politica ambientale efficace ed efficiente se questa non riesce ad avvalersi della collaborazione dei cittadini.

La partecipazione e l’educazione all’ambiente sono momenti imprescindibili affinché a partire dalle nuove generazioni si sviluppi quel rispetto per i beni ambientali che può e deve essere il motore per realizzare uno sfruttamento economico degli stessi che sia compatibile e lungimirante. Tale politica può però portare solo frutti a medio/lungo termine e, sebbene necessaria, non può considerarsi di per sé sufficiente. Occorrono interventi che producano da subito effetti concreti nella vita delle persone: occorre sviluppare una politica basata su premi ed incentivi che stimolino la partecipazione della cittadinanza a quella che va percepita come una missione comune nei confronti nostri e delle generazioni future: la salvaguardia del nostro territorio.

L’ente Provincia in questo ambito è dotato di competenze ampie ed impegnative che in questi ultimi anni ha però dimostrato di non saper gestire adeguatamente trascinando e trascurando problematiche che avrebbero dovuto essere al centro di una saggia politica proiettata nel futuro. La situazione attuale è sicuramente una situazione di crisi, una situazione che ci pone sull’orlo di un precipizio dalla quale però siamo certi che il nostro territorio saprà uscire. Per conseguire questo obiettivo fondamentale sarà valorizzare quei picchi di eccellenza che pure sono presenti e che proprio una mancata pianificazione strutturale ha impedito di sviluppare in maniera adeguata e di rendere competenza diffusa.

L’esperienza del consorzio A&T 2000 nel settore della raccolta rifiuti è sicuramente uno di questi esempi. La stella polare che deve guidare l’attività politica in questo settore non può che essere solo una:la raccolta differenziata. Il modello citato, che già da qualche anno opera in numerose realtà comunali del territorio provinciale, dimostra come attraverso l’impostazione di una politica che renda responsabile il cittadino delle sue azioni, premiando i comportamenti virtuosi, si possano raggiungere risultati straordinari. Non si possono definire altrimenti le percentuali elevate di raccolta differenziata raggiunta in comuni come Premariacco (oltre l’80%), Codroipo, Campoformido: valori che sono già ben oltre quelli richiesti dalle normative europee del settore per il 2011 e che pongono questi comuni all’avanguardia. A fronte di un modesto impegno organizzativo che viene richiesto ai cittadini nella selezione dei rifiuti i vantaggi che ne derivano per gli stessi sono molteplici e immediatamente percepibili:
- minor produzione di rifiuti da conferire in discarica
- eliminazione dalle strade dei cassonetti e conseguente maggior decoro delle vie
- applicazione di una tariffa strettamente legata alla quantità di rifiuti prodotti con risparmi per i cittadini virtuosi
Il modello partecipativo sviluppato attraverso incentivi e premialità ha quindi già dato buona prova di sé. Applicarlo a tutto il territorio provinciale attraverso la creazione di un gestore unico che si occupi di realizzare questo modello di raccolta è un obiettivo che nel giro di pochi anni sarebbe in grado di razionalizzare il sistema e far rientrare l’emergenza.

La creazione di un sistema virtuoso di riciclaggio di questo tipo può aprire anche prospettive d’impresa da non sottovalutare: la gestione tecnologicamente avanzata di questo ciclo se adeguatamente ottimizzata può rivelarsi un business appetibile per le aziende del settore che insediandosi nel nostro territorio creerebbero interessanti ricadute occupazionali.

Ma il ciclo dei rifiuti non è certo l’unico problema ambientale del nostro territorio. Le recenti vicende economiche ci hanno dimostrato in maniera inequivocabile come la nostra economia abbia negli anni mostrato un interesse smodato al profitto immediato tralasciando la visione del futuro e delle sue problematiche. La dipendenza dal petrolio per la produzione di energia si è rivelata in tutta la sua imponenza proprio nel corso degli ultimi anni. In questo settore scontiamo ritardi preoccupanti nello sviluppo di risorse energetiche alternative ai carbon-fossili.
Fortunatamente la politica regionale, e quella nazionale con l’ultima Finanziaria, hanno prodotto su questo versante qualche segnale di novità che va colto e sviluppato in maniera convinta. La tecnologia fotovoltaica ha rappresentato in questi anni la nuova frontiera delle energie rinnovabili iniziando ad avere uno sviluppo sul territorio sporadico ma incoraggiante. L’ente pubblico deve in questo caso svolgere una funzione di volano per il definitivo affermarsi di questa opportunità di creazione di energia pulita. La Provincia è proprietaria di numerosi immobili che possono fungere da esempio di produzione energetica a basso impatto ambientale. Rendere gli edifici pubblici dei produttori di energia pulita sarebbe il miglior spot pensabile per sensibilizzare la popolazione ad adottare metodologie di approvvigionamento energetico alternative.

Mi sembra infine appropriato affrontare anche un terzo tema critico della questione ambientale: i trasporti. Anche qui i meccanismi di incentivazione sono una risorsa efficace per lo sviluppo di una sensibilità dei cittadini che vada nella direzione opposta a quella attuale dove si afferma una preoccupante riduzione del numero di passeggeri che ogni autovettura trasporta. Razionalizzare il trasporto su gomma ha sicuramente molteplici aspetti positivi andando a ripercuotersi sia sulla questione ambientale che su altri aspetti quale la sicurezza stradale. Demonizzare l’uso dell’automobile è però controproducente. Sarebbe molto più utile invece promuoverne un uso più consapevole e comunitario. Il potenziamento dei mezzi pubblici (doverosamente attuabile all’interno dei grandi centri urbani) è difficilmente proponibile nelle zone periferiche della provincia dove si riscontra il problema opposto della frequente carenza di passeggeri specie nelle zone più spopolate. Ecco dunque che sarebbe assai più produttivo incentivare l’uso comune dell’automobile favorendo il crearsi di micro gruppi di utenti che quotidianamente condividano il mezzo di trasporto che li porta sul luogo di lavoro o di studio. Convincere due studenti che abitano nello stesso paese o due operai che abitano in due paesi vicini ad usare lo stesso veicolo per raggiungere le loro destinazioni quotidiane porterebbe ad una diminuzione netta del traffico veicolare, limitando conseguentemente i danni ambientali che da ciò derivano. Questo modello di trasporto può anche essere visto come una delle soluzioni ad uno dei più noti problemi giovanili: le stragi del sabato sera una delle prime cause di morte per le giovani generazioni. Incentivare il trasporto di gruppo mediante convenzioni con i locali da ballo che premino l’autista che si accolla la responsabilità di riportare a destinazione 2 o più amici (tramite ingressi omaggio o altre agevolazioni) sarebbe una strada coraggiosa ed innovativa per evitare che la repressione e i controlli siano l’unica via per contrastare questa piaga sociale.

Un trasporto consapevole dunque non è solo un mezzo per evitare danni ambientali ma anche l’opportunità di tutelare la vita umana e quello che è il maggior capitale che la società possiede: i giovani.

Risulta quindi evidente, da questa sintetica analisi, come non esista una soluzione univoca alla questione ambientale ma come l’unica metodologia adeguata sia quella che inserisce diversi interventi nell’ambito di un piano organico che l’organo politico ha il compito di progettare e poi concretamente realizzare con strumenti quali gli incentivi e gli sgravi fiscali che se andranno a pesare nell’immediato sul bilancio pubblico, a distanza di breve tempo potranno produrre risorse non solo ambientali ma anche economiche tali da giustificare ampiamente l’investimento.

Luca Braidotti
Coordinamento Provinciale Giovani Democratici

29 febbraio 2008

La povertà invisibile

Quando periodicamente vengono elaborate statistiche che cercano di fotografare la povertà italiana si prende spesso in considerazione il nucleo familiare complessivamente considerato. Nessuno certo riterrebbe ad esempio indigente un bambino di cinque anni che, anche se ovviamente non percepisce alcunché, viene portato a scuola in BMW. Tuttavia sorgono alcuni dubbi quando quel bambino di anni ne ha trentacinque. Non viene più accompagnato e magari adesso guida la BMW in prima persona. Eppure ha un reddito annuo che non supera i 5000 €.

Il fatto è banalmente che, a parere di chi scrive, si è formata una nuova classe sociale di poveri: sono i cosiddetti giovani di tutte le età.

Il fenomeno è tutt’altro che sconosciuto storicamente: mezzo secolo fa le donne si trovavano in una situazione del tutto analoga: pur godendo formalmente di diritti politici e sociali, erano quasi completamente escluse dalla sfera economica del Paese. Avrebbero anche potuto indossare una bella pelliccia, abitare in lussuose ville, essere, perché no, circondate dall’agio, ciononostante rimanevano cittadini “di serie B”, persone di fatto private della dignità di essere autosufficienti che dovevano faticare immensamente per conquistare posizioni lavorative che agli uomini risultavano altresì facilmente raggiungibili.

I giovani oggi, parimenti, si trovano assai frequentemente nella condizione di essere di fatto dei bisognosi e, lo si conceda, poveri. Sono veri e propri nullatenenti, che non hanno un conto in banca, che non sanno di preciso cosa sia una dichiarazione dei redditi ma che si mimetizzano bene fra chi guadagna.

Possono infatti condurre un dignitoso stile di vita grazie all’ottimo sistema assistenziale (di natura parentale) di cui godono: ricevono alimenti, vestiario e denaro periodicamente e senza ritardi.

Con tutte le scontate conseguenze che ne derivano, dall’impossibilità di costituire un proprio nucleo familiare a quella di non poter programmare un qualsiasi investimento a lungo termine.

Il problema non finisce qui: se ci trovassimo di fronte a persone prive di abilità, voglia di lavorare, istruzione e via dicendo il fenomeno sarebbe anche comprensibile. Se inoltre fossero del tutto esclusi dal processo lavorativo e produttivo (disoccupati insomma) bisognerebbe certo affrontare il problema, che però avrebbe connotati quanto meno gestibili. Tuttavia la realtà è molto più sconfortante e paradossale: la maggior parte dei giovani che purtroppo appartengono a questo poco invidiabile status sono individui estremamente capaci e competitivi, preparati e volenterosi ma soprattutto occupati!

Infatti di norma costoro, almeno nella nostra regione, lavorano a tempo pieno, anche 10 ore al giorno, e guadagnano… quasi nulla.
Si pensi all’esercito degli stagisti, gli “schiavi moderni” come li ha definiti Beppe Grillo, che lavorano a tempo pieno senza imparare alcunché di utile (scopo primario del tirocinio) e che se fortunati ottengono un rimborso spese elargito dalla regione o dalla UE, altrimenti costretti a spendere per lavorare. “Spendere per lavorare”, suona talmente assurdo che suscita in chiunque la spontanea esclamazione: “a quel punto meglio disoccupati!”

Si pensi ai ricercatori, scienziati in erba costretti a migrare pur di poter sopravvivere e risorsa sprecata considerando tra l’altro l’enorme investimento che l’Italia pone in essere per formarli.

Per non parlare poi di coloro che svolgono la pratica professionale presso notai, avvocati, commercialisti, geometri e quant’altro in una sorta di volontariato coatto in favore di “indigenti” privilegiati, che hanno tutto l’interesse a limitare l’accesso delle nuove leve alle menzionate caste. Caste che sono quasi inattaccabili, protette dall’egida dei vari Ordini professionali, sempre vigili quando si tratta di tutelare i propri interessi corporativistici, forse più distratti quando si tratta di vigilare sull’operato dei propri iscritti nei confronti del cittadino-utente-cliente.

Questo solo per citare gli esempi più eclatanti di un elenco che altrimenti potrebbe proseguire lungamente, rischiando di tediare il lettore.
Meritano tuttavia particolare attenzione gli strumenti mediante i quali vengono poste in essere le varie forme di sfruttamento legalizzato.
Lavoro interinale, collaborazione coordinata, tempo determinato, contratto a progetto, stage, sono ormai concetti tanto diffusi da essere considerati la normalità, almeno statistica.
Non si vuole negare che questo tipo di contratti di lavoro possano avere una loro ragione di esistere, tuttavia vengono ormai utilizzati per tipologie occupazionali completamente inadatte, col solo risultato di trasformarsi in un vero e proprio giogo per il lavoratore. L’uso è ormai da tempo sconfinato nell’abuso.
E la situazione diviene ancor più triste ed assurda allorché il giovane si senta quasi fortunato per essere stato assunto con uno di questi contratti, mentre il ”capo” di turno è convinto che in fin dei conti gli sta facendo un favore.
Un concetto questo che può essere riassunto dalla massima di saggezza friulana “ančhemò dî graciis”.

A parere di chi scrive sfruttare l’impegno e la fatica di persone oneste debba considerarsi un reato. Fare lavorare gratis o in cambio di pochi euro, non rispettare orari di lavoro, ferie, malattia, dovrebbero essere puniti e non tollerati o addirittura incoraggiati.. Infatti in Italia, come del resto in altri Paesi europei, l’impianto fiscale sembra quasi favorire le sopraccitate fattispecie contrattuali, piuttosto che disincentivarle e di fatto non esiste attualmente alcuna ragionevole convenienza per il datore di lavoro ad abbandonarle.

Si consideri infine come questa nuova forma di povertà, questa piaga che affligge parte della popolazione non vaccinata al morbo della gerontocrazia abbia conseguenze non solo morali o circoscritte al giovane, ma anche del tutto empiriche e di vasta scala. Un paio di esempi su tutti.

Come noto la circolazione del denaro e delle merci è un fenomeno essenziale per lo spostamento e l’aumento della ricchezza. Impedire alla classe sociale che maggiormente potrebbe contribuire a questo processo di avere i mezzi per acquistare l’automobile, la casa, la cucina, il televisore e così via significa di riflesso colpire tutta l’industria e l’artigianato che produce quei beni. In buona sostanza si verifica un duplice nocumento, nei confronti del lavoratore a monte e nei confronti dello stesso imprenditore a valle, il che è palesemente controproducente.

In secondo luogo pare lecito ritenere che se la attuale generazione di “figli” possa essere in qualche modo tutelata dalla copertura economica dei propri parenti, nulla garantisce che in futuro i primi, ormai “genitori”, siano in grado di fornire un simile supporto.

E pensare che la nostra Costituzione è stata così chiara nell’attribuire al lavoro un’importanza fondamentale nella realizzazione personale dell’individuo e nello sviluppo della società stessa.
L’Art. 1 parla di “repubblica democratica fondata sul lavoro” e non di oligarchia gerontocratica fondata sullo sfruttamento del lavoro
L’Art. 36 recita: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.” Forse questa norma andrebbe ribaltata in “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione tale che la sua famiglia assicuri a sé un’esistenza libera e dignitosa”

Oggi i tempi sono cambiati eppure la Carta costituzionale, fino a prova contraria, è ancora in vigore; i casi pertanto sono due: o si dà vita ad una riforma del lavoro seria e umana, o si cambia la Costituzione stessa.

Alessandro Spizzo
Coordinamento Provinciale Giovani Democratici

23 febbraio 2008

Università: le nostre idee

PREMESSA

L’Università degli Studi di Udine nel 2008 compie 30 anni. Ed è da 30 anni che il Friuli ha il privilegio di ospitare il tempio della conoscenza sul proprio territorio. Questo privilegio però non va sprecato proprio ora che l’Università di Udine sta tagliando importanti traguardi sia a livello nazionale che internazionale. Da molto tempo l’Ateneo Udinese è sotto finanziato rispetto alle reali necessità, un problema derivante dalla scarsa attenzione che il legislatore nazionale ha sempre avuto nei riguardi della scuola, dell’università e della ricerca, privilegiando spesso scelte più popolari che strutturali. Questa mancanza a livello nazionale però non deve essere una scusa per il declino, ma deve essere invece il segnale d’allarme per fare in modo che i livelli più vicini al territorio si attivino. È necessario che a fronte di una mancanza di fondi a livello nazionale, ci sia un maggior impegno a livello regionale, provinciale e comunale perché l’Università di Udine è un patrimonio molto grande per la nostra Regione che non va disperso o messo da parte. La cultura deve venire prima di molte cose, perché solo la cultura genera poi una buona amministrazione.

FUNZIONE SOCIALE DELL’UNIVERSITA'

Da studente universitario mi sono chiesto quale sia la funzione dell’Università di oggi all’interno della società, ma non ho trovato una risposta univoca come dovrebbe essere. L’Università ha perso negli ultimi anni molto del prestigio che aveva. Un tempo andare all’Università era un privilegio di pochi, oggi sembra un obbligo per tutti. Onestamente credo servirebbe trovare una via di mezzo. È importante che tutti abbiano la possibilità di frequentare l’Università, poiché la studio è un diritto indiscutibile. È altrettanto importante però che non si “volgarizzi” l’Università per permettere a tutti di entrarvi, l’Università deve puntare alla qualità dell’insegnamento non all’obbiettivo di far ottenere al maggior numero di studenti la laurea nel minor tempo possibile. Lo stesso criterio che misura la quantità di fondi da destinare ad ogni Facoltà in base agli studenti laureati entro il termine “normale” del ciclo di studio può rivelarsi così uno strumento inefficacie, perché rischia di diventare un pretesto per le strutture universitarie a rendere semplicemente più veloce e facile il percorso di studi senza preoccuparsi della qualità. Oggi purtroppo la maggior parte dei corsi sembra focalizzare la propria attenzione sul superamento rapido ed indolore degli esami, sacrificando la didattica.

L’Università dovrebbe avere la funzione di raccordare il mondo della studio a quello del lavoro, preparando i ragazzi ad affrontare nuove sfide e nuovi obbiettivi, rendendo concreto tutto ciò che di teorico è stato loro insegnato per anni. Invece questo non succede, l’Università rimane molto astratta e assolutamente indipendente dal mondo del lavoro, tranne rare eccezioni di alcune Facoltà, come ad esempio medicina e chirurgia. In questo senso, proprio quest’anno, è stato firmato un protocollo d’intesa tra l’Università e il Ministero del Lavoro per aderire al progetto FixO, volto a promuovere l’occupabilità e l’occupazione dei giovani laureati sviluppando e dando continuità di ruolo alle università nel sistema delle politiche attive e, nel contempo, consolidando un sistema di servizi utili alle imprese, ai laureati e alle stesse Università.

Per migliorare l’attuale sistema è indispensabile una profonda riforma che parta dall’orientamento. Molti studenti si trovano in corsi di laurea che dopo il primo anno abbandonano oppure frequentano i corsi di massa dove di solito finiscono gli indecisi (come ad esempio Economia o Giurisprudenza). L’orientamento ha un ruolo davvero fondamentale nella costruzione di una nuova Università più “utile” alla società.
Un altro punto su cui intervenire sono, come detto sopra, i programmi, troppo legati a modelli ormai vecchi e svincolati alle reali esigenze del mondo del lavoro ed a volte della cultura. In questo campo i professori, che sono i principali responsabili, devono trovare il coraggio di innovare e rinnovare annualmente i propri programmi, i libri di testo e l’approccio con gli studenti. In quest’ottica si deve cogliere la recente riforma delle lauree triennali e magistrali, evitando che l’unico cambiamento sia formale nella durata, spezzata o continua, e non sostanziale sui corsi e sui programmi.

Infine l’Università supportata dagli enti territoriali deve aumentare i rapporti con il mondo del lavoro attraverso convenzioni durature in modo da organizzare tirocini e stage che favoriscano il dialogo con le imprese e gli studenti ed offrire agli stessi rappresentanti del mondo del lavoro la possibilità di tenere alcune lezioni all’interno dell’Università.

Moltissimi di questi cambiamenti richiedono l’impiego di maggiori risorse finanziarie e per questo saranno cambiamenti che con ogni probabilità avverranno più lentamente, ma altri non richiedono nessuna risorsa economica, necessitano solo della volontà personale degli studenti, dei professori e degli amministratori universitari e locali; non si propone una ricetta troppo costosa, ma solo impegnativa.

DIRITTO ALLO STUDIO

Un altro importante tema da trattare è quello del diritto allo studio che ho già citato nella parte precedente. Tutti hanno il diritto di frequentare l’università, di avere per lo meno la possibilità di misurarsi con questa nuova dimensione di studio. Purtroppo, come tutti sanno, gli studi universitari sono costosi, per la presenza delle tasse universitarie, per i costi elevati dei libri di testo e spesso anche per i costi che le famiglie sono costrette a sostenere per mantenere i propri figli fuori sede. La scelta della facoltà più vicina non è sempre l’unica via per il “risparmio”, infatti non si vede perché ragazzi con notevoli capacità culturali e preparazione debbano per forza limitarsi all’università sotto casa perché le università didatticamente migliori sono troppo lontane e quindi troppo costose per le famiglie. Le istituzioni nazionali e locali dovrebbero trovare valide soluzioni per questi problemi. Bisogna trovare soluzioni per quanto riguarda i criteri richiesti per il conseguimento della borsa di studio, ad oggi 3 studenti su 10 idonei al conseguimento della borsa di studio non la ricevono per mancanza di fondi. È necessario stimolare le iniziative dei privati in questa direzione e creare nuove vie per dare agli studenti bisognosi e meritevoli ciò che gli spetta di diritto come prevede la nostra Costituzione all’articolo 34. Inoltre un’idea che si può copiare dal sistema americano è quello dei prestiti d’onore, cioè prevedere un accordo tra Fondazioni Bancarie ed Università in modo che agli studenti siano concessi in prestito i soldi necessari agli studi e poi restituiti progressivamente nel momento dell’ingresso nel mondo del lavoro.

Un altro annoso problema degli studenti universitari, in particolare di quelli “fuori sede” è l’alloggio, l’Italia è uno dei paesi in Europa che offre il minor numero di posti letto e ciò da linfa al mercato illegale degli affitti, anche qui la creazione di poli universitari sempre più grandi dovrebbero essere la regola contrariamente a quanto avviene invece nella realtà e cioè la frammentazione territoriale e numerica dei corsi di laurea. L’Università di Udine sotto questo aspetto sembra aver capito la rilevanza del problema ed oltre ad aver istituito presso l’Erdisu un servizio per la gestione degli affitti per gli studenti, si appresta anche a costruire presso la sede dei Rizzi una nuova casa dello studente, valorizzando così quell’area di Udine che sembra un po’ abbandonata a se stessa non appena chiude l’Università.

Andrea Simone Lerussi
Rappresentante degli Studenti in Senato Accademico
Università degli Studi di Udine

18 febbraio 2008

Giovani Democratici, ci siamo!

L’interesse per la politica in quest’ultimo decennio ha dimostrato estrema staticità, è quindi necessario trovare delle soluzioni veloci ed efficaci per cercare di apportare una reale inversione di tendenza.
Credo che il Partito Democratico sia stato il primo ad iniziare questo processo. Dal 14 Ottobre scorso si è voluta intraprendere la strada dell’innovazione politica, del ricambio e di apertura verso la società.
Proprio per questo si è voluto creare immediatamente una componente giovanile, composta non solo dalla fusione delle due aggregazioni dei vecchi Partiti, la Sinistra Giovanile e i Giovani della Margherita, ma includere in questo processo tutti quei ragazzi che vogliono una nuova e giusta politica, fatta di soluzioni, di concretezze e di una visione del futuro, per noi giovani al quanto incerta.
Sono nati pertanto i Giovani Democratici, la casa di tutte quei giovani che non condividono vecchi retaggi e metodologie politiche, che si battono per l’equità e l’opportunità per tutti di scendere in campo ed esprimere i propri pensieri.
La strada è ancora lunga, serve l’apporto di tutti, soprattutto in questa fase, per realizzare quegli obiettivi e per far rinascere quel fervore politico che tanto ci manca.
Un primo argomento di condivisione è senz’altro il ricambio generazionale: è necessario inserire negli organi istituzionali dei giovani, in modo da garantire quella freschezza e spirito di novità che manca a questo Paese. Non nascerebbe la voglia per tutto questo se non ci fosse la necessità di costruire “un’Italia nuova” che si preoccupa e lavora per costruire un futuro solido alle nuove generazioni.Pertanto credo che sia necessario ed indispensabile, in primis, garantire,nelle scelte dei candidati ai prossimi appuntamenti elettorali, la presenza di giovani, dando loro la possibilità di scendere in campo attivamente e di poter lavorare appieno per il miglioramento.
Confrontandomi con gli altri aderenti, ho confermato che è nostra convinta intenzione sostenere ai vari livelli istituzionali la presenza di giovani, mantenendo il principio di “massimo due mandati”, negli organi istituzionali del nostro territorio. Garantendo così il reale ricambio!
Se ci pensiamo bene, proprio i giovani sono stati i più penalizzati, in special modo di genere maschile questa volta, alle scorse primarie. Oltre a non condividere il principio delle liste bloccate, ma appoggiando pienamente l’espressione delle preferenze in sede di voto, credo che con la questione “quote femminili” al cinquanta per cento, i due partiti si siano trovati in estrema difficoltà nel garantire un certezza di continuità alle vecchia classe dirigente. La mossa più facile: penalizzare i giovani.
Personalmente non appoggio il concetto delle “quote” in generale, né femminili e né giovanili. Sostengo invece un discorso di pari opportunità, ovvero offrire la garanzia di partire dallo stesso livello, ed offrire a tutti la possibilità di emergere, facendo prevalere il principio meritocratico.
I giovani democratici friulani, sono convinto, non si faranno influenzare da pressioni “correntizie”, in quanto cosa che non deve appartenere al loro quadro genetico. Devono essere invece espressione di pura e genuina novità. Non precludendosi nessun vincolo di scelta, ma orientando quest’ultime al bene dei giovani.

Alessandro Venanzi
Coordinatore Giovani Democratici
Provincia di Udine

Si parte!

Nel corso di questi mesi di speranze e turbolenze un gruppo di giovani della Provincia di Udine, appassionati di politica, ha deciso che un avvenimento come la nascita del Partito Democratico non poteva passare inosservato: nasce così l'impegno nella costruzione di un luogo dove riunire i giovani che credono in questo progetto politico. L'attività di questi mesi ha portato alla stesura di quello che vuol essere un documento che, andando a toccare alcuni temi concreti (territoriali ma anche nazionali, un "ma anche" dovevo metterlo :-) ), fornisca una base per avviare una discussione vera sui programmi delle prossime elezioni anche nel mondo giovanile. Oggi partiamo con un introduzione di Alessandro Venanzi a cui nei prossimi giorni seguiranno diversi altri interventi! Buona lettura e sopratutto buon dibattito!

12 gennaio 2008

Blog in costruzione!

Arriveremo prossimamente sui vostri schermi!